BELMONTE HOTEL

Nel pieno del centro storico di Favara, una vecchia stalla viene trasformata in una piccola boutique ricettiva.

Lillo Giglia Architect as Architects

Il progetto svolge una ricerca tesa all’identificazione tra il viaggiatore-turista e lo spazio che lo accoglie: un intreccio complesso tra realtà, fruizione e progetto. Nel progetto si evidenzia la sorprendente flessibilità che la progettazione degli alberghi ha assunto negli ultimi anni, assorbendo mutazioni nei costumi e nelle abitudini, nelle richieste, nei ritmi e nella forma.


L’architettura di questo luogo, visto anche il ruolo assunto dal viaggio nella vita contemporanea, si presenta come sensore in grado di registrare le dinamiche di trasformazione economiche e culturali della società. Il Belmonte Hotel diventa così espressione dell’individualità solitaria del viaggiatore ma anche dell’incontro e dello scambio; diventa indicatore sociale, segnale di sviluppo e di rinnovamento negli interventi di trasformazione edilizia e urbana della città; rappresenta, soprattutto nei suoi spazi interni, l’evoluzione del gusto e dello stile di vita contemporanei e diventa il luogo idoneo ad esprimere quel glocalismo che ben interpreta l’essenza del luogo. La rimozione totale di un fatiscente e dimenticato edificio, una volta stalla, nel pieno del centro storico di Favara in prossimità di Piazza Cavour, lungo una stretta via tra vecchi edifici ottocenteschi, genera un grande vuoto urbano. L’impianto generale dell’hotel è molto semplice, funzionale e ricopre per intero il lotto a disposizione: un piano terra che funge da filtro urbano, due piani di stanze e solarium sulla terrazza. Il piano terra è nettamente aperto verso la strada; lo spazio in comune è costituito da un’unica sala (reception/ristorante con annessa cucina) sobriamente elegante, calda e confortevole che si conclude su una corte stretta che fa da fondale luminoso al ristorante; la luce, disegna e misura tempo e dimensioni. La scala di collegamento tra i vari piani, in pietra serena ad unica rampa, posta al centro dell’edificio, costituisce il fulcro dell’impianto distributivo sia del piano terra che degli altri due livelli; questa posizione ha facilitato in modo del tutto naturale la suddivisione degli spazi interni. Il piano primo e il piano secondo mostrano la stessa identica distribuzione, con una lobby centrale davanti all’uscita dell’ascensore ed un corridoio (che funge da spazio espositivo) dal quale si diramano le quattro camere. La parte basamentale della struttura fuoriesce di circa 60 cm rispetto al livello strada e nell’immagine generale del prospetto risulta essere come uno zoccolo su cui poggia l’edificio. Il piano terzo, viene servito da un’ ampia terrazza/solarium utilizzata soprattutto nei periodi caldi della stagione; da essa è possibile ammirare diversi scorci del centro storico, nonché, un’ inusuale vista dell’imponente cupola della Chiesa Madre. Il prospetto, relativamente anonimo, di un bianco candido, ossequioso dell’intorno, è una reinterpretazione in chiave contemporanea dell’originario; sono state mantenute le vecchie bucature e soprattutto si è tenuto conto della presenza dei vecchi portali costituiti da poderosi blocchi di pietra locale. Questi una volta rimossi, sono stati ricollocati nella loro originale posizione, dando un’ulteriore ricchezza alla facciata; questa operazione ha conferito un forte richiamo alla memoria storica del passato, ma nello stesso tempo ha permesso di lavorare nel contemporaneo, facendo attenzione alla cura dei particolari e al dosaggio in modo sapiente dei materiali tradizionali ed innovativi. Tale lavoro può identificarsi come un’operazione vera e propria di bourrage, diffusa in molte città europee, che permette all’interno di contesti storicizzati di mantenere intatta la continuità del fronte urbano, e al contempo di dotare il nuovo edificio di tutti gli adeguamenti funzionali, tecnici e prestazionali necessari per un’ottimizzazione degli spazi e del relativo uso.


È, soprattutto, un adeguamento a una nuova immagine che pur restando “discreta” vuole dichiarare il carattere attivo dell’edificio, aldilà dell’appartenenza ad un contesto sociale e urbano decisamente connotato e vincolante. L’edificio è dunque un esempio di un perfetto ed integrato inserimento di architettura contemporanea all’interno della città storica.

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